Il Ciclope (Italian Edition) by Paolo Rumiz

Il Ciclope (Italian Edition) by Paolo Rumiz

autore:Paolo Rumiz [Rumiz, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Foreign Languages, Contemporary Fiction, Italian, Foreign Language Fiction, Literature & Fiction
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2015-11-18T23:00:00+00:00


LA BANCHISA

Oggi ho raggiunto il capo est dell’Isola, dopo aver superato una prateria popolata di nidi di gabbiano. Roccioni impraticabili, nerastri, quasi vulcanici, fronteggiano un mare desertico, increspato, color alluminio. Giornata fredda, da gabbana di mare, ore consumate in simbiosi col Tutto. È irresistibile il fascino dei promontori per chi, come me, è nato e vissuto in fondo a un golfo, e quel golfo è il punto estremo di un mare chiuso come il Mediterraneo. Se poi quel capo tempestoso ha alle spalle fusi e fusi orari di terraferma e si affaccia sul grande nulla di un Oceano, dividendo mondi sconfinati, il brivido dello sperdimento ti travolge. Per provarlo basterebbero il Portogallo, la Bretagna, la Cornovaglia, o le tremende falesie delle Isole Aran in Irlanda.

Ma il “finis terrae” più sconvolgente mi è capitato di vederlo qualche anno fa, in Alaska, in un giorno di vento forte da ovest. L’estate stava finendo e c’era un’alba svogliata che si faceva strada agli antipodi del mondo, aprendo squarci blu come bolle d’inchiostro dentro una banchisa di nubi ferme, simili a una coperta funebre. Un posto senza fari, salvo il rudere di una torre di luce distrutta dalle burrasche nel 1999. Era il punto estremo della penisola di Seward, dove il continente americano finisce in uno spazio piatto e senza colore. Oltre lo Stretto di Bering, la Siberia, ancora immersa nella semioscurità. A sud, il Pacifico, l’acqua di mezzo planisfero terrestre che imbocca con spaventose correnti il varco di cinquanta miglia che lo separa dal Mare Artico. Da quelle parti, in un labirinto di isole e ghiacci, il capitano John Franklin era scomparso nell’agosto del 1845 con due grandi navi e un equipaggio di centocinquanta uomini.

Tutto si capovolge in quel quadrante estremo del mondo abitato. L’ora dell’orologio, la notte che diventa giorno, la data che cambia agli antipodi di Greenwich, la Russia che diventa Occidente, l’America che si ritrova a est, e l’Europa – capovolta sulla mappa – che, con una folle deriva dei continenti, viene spinta a nord, oltre la calotta polare e le Isole Svalbard, sulla rotta dei jet intercontinentali. Lì tutto si inverte e tutto finisce: gli oceani; il nuovo e il vecchio mondo che sembrano navigare come grandi navi da battaglia in rotta di collisione; il Passaggio a nord-est e quello a nord-ovest che si saldano in un braccio di mare sempre più libero dalla banchisa a causa dello scioglimento dei ghiacci.

Ricordo che ero arrivato lì alle tre del mattino e il mare non c’era. Lo stretto era coperto da un altro mare, fatto di bruma, una grigia decalcomania delle superfici oceaniche che ribollivano di sotto. In mezzo a quella prateria lattiginosa, venti-trenta miglia al largo, sbucavano due montagnole, come monconi di un ponte bombardato, ferme nella corrente. Erano le Isole Diomede, vicinissime tra loro: una russa, più grande e piatta, e una americana, più piccola e irregolare. Diomede: allora non sapevo che quel nome greco mi avrebbe perseguitato, indirizzandomi verso la mia Isola attraverso la leggenda omerica dei ritorni dalla guerra di Troia.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.